Castelmagno è in cima alla Valle Grana, nelle Alpi Cozie meridionali della provincia di Cuneo. Luogo dalla natura suggestiva e indimenticabile in ogni stagione, dai colori della fioritura in primavera, il verde dei pascoli e dal bianco maestoso dei pendii innevati su cui si erge l’antico santuario di San Magno. Castelmagno è anche una delizia per il palato! E’ infatti il luogo di produzione dell’omonimo formaggio. Di origini antichissime, il Castelmagno è il frutto di una tradizione secolare che si condensa in un profumo e in un sapore che sanno di opera d’arte. Da Santuario, attraverso una tortuosa salita resa celebre da Pantani nel 1999, quando attraverso questi tornanti conquistò la maglia rosa con un’impresa che è entrata negli annali del ciclismo, si raggiunge il Colle della Fauniera. Per ricordare quel successo sul Colle nel 2005 è stato eretto un busto in marmo nero.
Abelha – Ape
Flors blancas que demoratz Sus de tapìs vèrds Al metz de l’aiga di reus de prima De jòlias abelhas vos mèscolon l’esmenç En sautant de ma flor a l’autra, tiraas del vòstre luinent color En pertusant ma l’estèlas lo cèl de pega Que lo solelh vos avisca de jorn per vos quitar la nuech Al clar tìmid de la luna
Fiori bianchi che abitate Su tappeti verdi In mezzo all’acqua dei ruscelli a primavera Graziose api vi mischiano il seme saltellando da un fiore all’altro, attirate dal vostro sfavillante colore Performante come le stelle il cielo di pece Che il sole vi accenda di giorno per lasciarvi la notte Alla luce timida della luna
Poesia di Daniele Dalmasso. Raccolta “Linhas de temp” (Edizione Chambra d’Òc)
In Piemonte sono 13 le valli parlanti lingue d’hoc, che hanno dichiarato la loro appartenenza alla minoranza linguistica occitana. Nei pressi di Mondovì, in Alta Val Tanaro, sorge il Santuario di Vicoforte, meta di pellegrinaggio per la venerata immagine della Madonna con Bambino. Nel Santuario, gioiello architettonico-urbanistico, capolavoro di arte Barocca Piemontese che si fregia della più grande cupola ellittica del mondo, risiedono le tombe di alcuni reali Savoia.
Abelha – Ape
Abelha, vires tot lo jorn, Entre flors de camp e garzillhas Trabalh, trabalh, masque de trabalh Tas alas esgairaas del temp Te laissarèn muris en pàisia endiferença Mas totun degun se’n esdonarè Laisses de bòn mel, aquò es segur!
Ape, giri tutto il giorno Tra fiori di campo e acacie Lavoro, lavoro., solo lavoro Le tue ali rovinate dal tempo Ti lasceranno morire in una calma indifferente Ma comunque nessuno se n’accorgerà Lasci del buon miele, questo è sicuro!
Poesia di Daniele Dalmasso. Raccolta “Linhas de temp” (Edizione Chambra d’Òc)
La cittadina di Bagergue, in Val d’Aran (Sergi Reboredo/ ZUMA Press Wire, ANSA)
L’occitano o lingua d’oc è parlata in Occitania, regione storica comprendente gran parte del sud della Francia, la catalana Val d’Aran in Spagna, il principato di Monaco e le Valli Occitane in Italia.
Nella Val d’Aran lo sforzo di preservare questa antichissima lingua, è stato riconosciuto a livello ufficiale. A inizio anni Novanta, l’arnese, dialetto occitano, è stato infatti riconosciuto come lingua autonoma dal governo catalano.
Il tempo – Lo temp
Poesia di Daniele Dalmasso. Raccolta “Linhas de temp” (Edizione Chambra d’Òc)
Il patrimonio linguistico occitano è giunto a noi attraverso la trasmissione orale, ma anche grazie alle preziose testimonianze di poeti.
Vërnant in piemontese, Lo Vernant in provenzale alpino, è un comune della Valle Vermenagna, che rientra tra i territori della minoranza linguistica storica occitana e paese di origine di Daniele Dalmasso, autore della raccolta “Linhas de temp”.
Plòu Piove
Plòu sus la draia, aüra plòu Mas siu segur, la quitarè A sempre quitat fins aüra Donca la quitarè decò esto bòt
Coma es bèla la plueia Te possa a cerchar un abric A te fermar A ardreiçar l’ideas O pas pensar a ren
Piove sul sentiero, adesso piove Ma son sicuro, smetterà Ha sempre smesso fino ad oggi Quindi smetterà anche sta volta
Come è bella la pioggia Ti spinge a cercar riparo A fermarti A ordinare le idee O non pensare a nulla
L’Occitano, lingua romanza derivata dal latino, si sviluppò alla fine dell’impero romano. Il termine occitano si deve a Dante Alighieri, che classificò per primo le parlate individuando tre idiomi: lingua del sì, italiano, lingua d’oil, oiltano o francese, e lingua d’oc, dal latino hoc est, è questo), occitano. Il termine occitano iniziò ad essere impiegato per le regioni in cui si parlava la lingua d’oc. L’Occitano è parlato in Spagna (Val d’Aran), Francia (Alvernia, Guascogna, Lengadòc, Limosino, Delfinato, Provenza) e in Italia, nelle valli del Piemonte occidentale, vi sono comunità occitane che parlano la lingua d’oc, quella dei poemi cavallereschi e dei trovatori medievali.
Poesia di Daniele Dalmasso. Raccolta Linhas de temp
Prim jour T’ai tengua si genolhs Eres just naissua Quora as dubèrt lhi uelhs Per un moment Ai vist tuchi lhi reires Retornats al mond Abo tu
Primo giorno Ti ho tenuta sulle ginocchia Eri appena nata Quando hai aperto gli occhi Per un momento Ho visto tutti gli antenati Ritornati al mondo Con te
L’ortica è una pianta perenne alta fino a 150cm. E’ dioica (in quanto ha individui maschili e femminili) e possiede peli urticanti. Il fusto è semplice ed eretto e i fiori sono raccolti in grappoli. Con l’ortica la natura ha voluto mettere a portata di tutti un rimedio efficace, semplice e sicuro. Infatti le ortiche, fresche oppure essiccate all’ombra, sono disponibili tutto l’anno per alleviare i dolori dell’uomo. La Scuola Salernitana diceva: “La pungitrice ortica concilia il sonno, frena la tosse, toglie il vomito…” Il nome ortica deriva probabilmente dal latino Urere, ovvero bruciare. Anticamente aveva un significato propiziatorio contro la paura, contro i fulmini e i malefici. Inoltre, già dalla preistoria si utilizza per prevenire la caduta dei capelli, contro le infezioni dell’apparato umano, le affezioni della bocca, i reumatismi e le emorroidi. Ha un elevato contenuto di proteine. La sbollentatura elimina l’azione urticante dovuta all’acido formico. Si usa ancora sotto forma di farina per l’alimentazione di animali da cortile, conigli, galline. Nel settore tessile si utilizza per realizzare corde, fili, reti da pesca, carta, stracci, in tintoria per ottenere tinture accese e in cucina per la pasta sfoglia verde.
Sinonimi: Ortiga, vertiga, ardica, lurdica, rittica, pistiddurri, ecc.
Diffusione: Zone temperate, nei terreni ricchi di nitrati, ai margini dei sentieri, presso le sponde d’acqua
Periodo di raccolta: Maggio/ottobre
Parti utilizzabili: La pianta intera giovane, rizoma, radici, steli
Usi: Sciroppi, spremute, centrifughe, tinture, succhi, infusi, decotti, cataplasmi, ecc.
Altri usi: Risotti, zuppe, frittate, ripieni, insalate, ecc.
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La mia ricetta:
RAVIOLI RIPIENI DI CONIGLIO E PUNTE DI ORTICA
Ingredienti per 4 persone: Per la pasta: 200 g farina 2 uova 150 g acqua tiepida Sale q.b. Per il ripieno: 1 coniglio disossato 100 g sedano 120 g cipolla 150 g carote 1 bicchiere di vino rosso 150 g brodo vegetale 100 g punte di ortica 75 g germogli di rovo 2 cucchiai formaggio stagionato grattugiato 2 uova Noce moscata q.b. Sale q.b. Olio q.b. Per il condimento: Parmigiano grattugiato q.b. 50 g burro fuso
Procedimento: Preparate la pasta per ravioli impastando farina, uova, acqua e sale, ottenete un panetto compatto e lasciatelo riposare. Per il ripieno tritate carote, cipolle e sedano, mettete il trito in una padella con un filo d’olio e fate soffriggere per qualche minuto. Aggiungete il coniglio disossato a pezzettini e lasciatelo rosolare, sfumando il tutto con il vino rosso. Coprite con brodo vegetale e lasciate cuocere per circa un’ora. In una casseruola a parte sbollentate le punte di ortica e i germogli di rovo e tritateli finemente. Aggiungete il formaggio grattugiato, la noce moscata, due uova, sale e pepe, amalgamate il tutto e unitelo al coniglio. Distendete la pasta in fogli sottili e tagliatela a quadratini. Farcite con l’aiuto di un cucchiaio e con le dita date la forma dei ravioli. Buttateli delicatamente in acqua bollente e salata per 5 minuti. Conditeli con burro fuso e una spolverata di parmigiano grattugiato.
Il ribes nero è una pianta medicinale di valore. E’ un arbusto cespuglioso con fusti eretti, foglie dentate e bacche nere. Cresce dove il terreno ha capacità di trattenere l’acqua, in quanto ha l’apparato radicale superficiale e non raggiunge la falda. La siccità è infatti un nemico terribile, le piante resistono ma non fruttificano. La corteccia è di color rosso, le foglie verde cupo. I fiori sono verde-biancastro e raccolti in racemi pendenti. I grappoli sono formati da bacche nere, succose e piene di semi. Il sapore è particolare, dolce e acidulo. Si devono raccogliere ben maturi. Molto ricercati sono i liquori, il vino e la grappa (cassis). Fra le sue molte virtù medicinali, il ribes nero è importante per i depositi urinari, i calcoli biliari, le ustioni, le punture di insetti, la gotta, le placche e la pertosse. Si usano le foglie e le bacche, anche essiccate al forno. Per i molti semi è consigliato setacciare le bacche.
Sinonimi: Cassier, cassis, groseilles noir, ecc.
Diffusione: Sulle Alpi fino ai 1900m, nelle boscaglie, nei suoli aridi e sassosi della fascia sub montana. Ama il clima fresco e ombroso.
Periodo di raccolta: Frutti: luglio/agosto Foglie: maggio/giugno
Usi: Confetture, macedonie, gelatine, liquori, sciroppi, guarnitore di torte, insalate, bevande dissetanti e digestive, frullati
Altri usi: Tinture per lana, oli essenziali, prodotti farmaceutici
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La mia ricetta:
TORTA CON CONFETTURA DI RIBESNERO
Ingredienti: Per la confettura: 300 g ribes nero 100 g zucchero Per l’impasto: 50 ml liquore di cassis 200 g farina 3 uova 90 g burro 150 g zucchero 100 g miele 1 bustina lievito per dolci Sale q.b. Scorza di 1 limone Zucchero a velo q.b.
Procedimento: Per cominciare preparate la confettura di ribes nero lavando i frutti e privandoli del picciolo. Unite lo zucchero, mettete sul fuoco moderato e fate bollire per 4 minuti. Passate nel passaverdura. In una ciotola capiente mescolate la farina, le uova, lo zucchero e un pizzico di sale. Aggiungete il burro fuso, il miele, la scorza di limone grattugiata e il lievito e amalgamate fino ad ottenere un composto denso e cremoso. Bagnatelo con la crema cassis e lasciatelo riposare a temperatura ambiente. Imburrate ed infarinate il fondo di una pirofila da 23cm, versate il composto e fatelo cuocere in forno caldo a 180º per 50 minuti circa. Lasciatela raffreddare, tagliatela a metà e distribuite un generoso strato di confettura di ribes. Richiudete la torta e spolverate con zucchero a velo prima di servire.
La cultura del Sambuco risale all’ Età del Bronzo. Sembra che il nome derivi da uno strumento musicale siriano, l’ arpa o il flauto. Ogni parte della pianta presenta proprietà medicinali. Nel Medioevo la Scuola Medica ne consigliava l’uso per avere capelli più lucenti e per schiarire la voce. Si diceva anche che avesse potere contro le streghe e le serpi se posizionato vicino a casa. L’albero raggiunge i 9 metri ed è ricco di ramificazioni. La corteccia è grigia scura. I rami hanno abbondante midollo bianco che i bambini usavano come sigarette o per suonare il flauto. Le foglie, se stropicciate, emanano un odore sgradevole. La chioma espansa a ombrello con i fiori di colore avorio/giallo biancastro si fanno seccare all’ombra. I frutti, bacche piccole rotonde a grappolo pendente, una volta maturi sono neri e dal sapore acidulo. Si può trovare fino ai 1500 metri di altitudine, lungo i corsi d’acqua e fra siepi e macerie. La disseminazione è opera degli uccelli. Il consumo in dosi elevate, tuttavia, provoca intossicazioni con dolori addominali.
Periodo di raccolta: Foglie: primavera, a inizio fioritura Corteccia: gennaio/febbraio (2a corteccia: primavera/estate) Fiori: giugno Frutti: da agosto ad ottobre
Parti utilizzabili: Tutta la pianta
Proprietà: Antireumatiche, lassative, sudorifere, diuretiche, depurative del fegato, emollienti nelle stipsi, antinfiammatorie, antinevralgiche
Altri usi: Le foglie fresche messe su geloni, gotta, emorroidi e scottature leniscono il dolore. Sono anche utili nei pediluvi.
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La mia ricetta:
FOCACCIA AL SAMBUCO
Ingredienti per 1 focaccia: 1 pasta per focaccia pronta 240 g confettura di sambuco 250 g ricotta di pecora 100 g formaggio di fossa Scorza di 1/2 limone grattugiata Sale grosso q.b. Olio evo q.b.
Procedimento: Ungete una teglia da forno con l’olio. Stendete metà della pasta per focaccia e distribuite un generoso strato di confettura di sambuco. Unite la ricotta di pecora e uno strato di formaggio di fossa a scaglie. Aggiungete altra confettura di sambuco. Coprite con l’altra metà di focaccia e cuocete in forno caldo a 180° per 20 minuti circa. A cottura ultimata spennellate con olio evo, spargete il sale grosso e spolverizzate con la scorza di limone.
Il genere conta più di 350 specie. Si trova fino a 3000m di altezza. E’ un arbusto sempreverde, perenne, cespuglioso, dal sapore amaro. E’ alto dai 20 ai 50cm, gracile, con molte radichette e fusti lungamente striscianti. Le foglie sono piccole, lanceolate e di color cenerino. Lungo il fusto sono disposte in modo opposto. I fiori sono riuniti in spighe di colore rosa, lilla o bianco. Il timo si conserva essiccato, l’aroma si avvicina alla canfora. Veniva utilizzato già ai tempi antichi per la pertosse dei bambini, le punture di insetti, le infezioni delle vie urinarie, la forfora, il lavaggio dei capelli biondi e per detergere le piaghe. I fiori sono molto ricercati dalle api e forniscono un ottimo miele. Lo scrittore italiano Alessio Piemontese nel 1683 scrisse: “Farai cuocere il serpillo nell’aceto e mele, e del decotto farai che l’infermo ne beva un gotto (=bicchierino) ogni giorno.”
Sinonimi: Erbuccia, pepolino, serpillino, raso terra, corrano, ecc.
Diffusione: Scarpate, pendii aridi e soleggiati, luoghi pietrosi, pascoli magri, boschi, ecc.
Periodo di raccolta: Dalla primavera all’autunno
Parti utilizzabili: Foglie e parte aerea con spiga di fiori terminali
Usi: Infusi, tinture, sciroppi, oli essenziali, suffumigi, insaporitori per grigliate, bollito, pesce e formaggi
Altri usi: Farmaceutico, dermatologico, colliri, dentifrici, incensi, ecc.
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La mia ricetta:
GNOCCHI AL PESTO DI TIMO
Ingredienti per 4 persone: 600 g patate 250 g farina 00 1 uovo 300 g zucca 1 spicchio di aglio 1 rametto di timo Noce moscata q.b. Sale e pepe q.b. 200 g pesto di timo 30 g burro Formaggio grattugiato
Procedimento: Lessate le patate con la buccia, lasciatele intiepidire e schiacciatele con l’aiuto dello schiacciapatate. Unite l’uovo, la farina, una piccola parte di zucca (precedentemente cotta nel forno con aglio e timo), sale, pepe e noce moscata. Impastate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e morbido. Stendetelo a listarelle su una spianatoia infarinata e tagliatelo a tocchetti, dopodiché aiutatevi con una forchetta per ottenere la classica forma. Versatene pochi per volta in acqua bollente e salata e scolateli delicatamente non appena verranno a galla. Condite con pesto di timo e burro fuso e cospargete di pecorino (o parmigiano) grattugiato.