Ortica

Urtica Dioica (famiglia Urticaceae)

L’ortica è una pianta perenne alta fino a 150cm. E’ dioica (in quanto ha individui maschili e femminili) e possiede peli urticanti. Il fusto è semplice ed eretto e i fiori sono raccolti in grappoli.
Con l’ortica la natura ha voluto mettere a portata di tutti un rimedio efficace, semplice e sicuro. Infatti le ortiche, fresche oppure essiccate all’ombra, sono disponibili tutto l’anno per alleviare i dolori dell’uomo. La Scuola Salernitana diceva: “La pungitrice ortica concilia il sonno, frena la tosse, toglie il vomito…”
Il nome ortica deriva probabilmente dal latino Urere, ovvero bruciare.
Anticamente aveva un significato propiziatorio contro la paura, contro i fulmini e i malefici.
Inoltre, già dalla preistoria si utilizza per prevenire la caduta dei capelli, contro le infezioni dell’apparato umano, le affezioni della bocca, i reumatismi e le emorroidi.
Ha un elevato contenuto di proteine. La sbollentatura elimina l’azione urticante dovuta all’acido formico.
Si usa ancora sotto forma di farina per l’alimentazione di animali da cortile, conigli, galline. Nel settore tessile si utilizza per realizzare corde, fili, reti da pesca, carta, stracci, in tintoria per ottenere tinture accese e in cucina per la pasta sfoglia verde.

Sinonimi:
Ortiga, vertiga, ardica, lurdica, rittica, pistiddurri, ecc.

Diffusione:
Zone temperate, nei terreni ricchi di nitrati, ai margini dei sentieri, presso le sponde d’acqua

Periodo di raccolta:
Maggio/ottobre

Parti utilizzabili:
La pianta intera giovane, rizoma, radici, steli

Proprietà:
Astringenti, emostatiche, antianemiche, depurative, diuretiche, antireumatiche, ipertensive, toniche

Sostanze attive:
Sali minerali, vitamine, istamina, tannino, acido formico, clorofilla, proteine, glucidi, amoniaca

Usi:
Sciroppi, spremute, centrifughe, tinture, succhi, infusi, decotti, cataplasmi, ecc.

Altri usi:
Risotti, zuppe, frittate, ripieni, insalate, ecc.

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La mia ricetta:

RAVIOLI RIPIENI DI CONIGLIO E PUNTE DI ORTICA

Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta:
200 g farina
2 uova
150 g acqua tiepida
Sale q.b.
Per il ripieno:
1 coniglio disossato
100 g sedano

120 g cipolla
150 g carote
1 bicchiere di vino rosso
150 g brodo vegetale
100 g punte di ortica
75 g germogli di rovo
2 cucchiai formaggio stagionato grattugiato

2 uova
Noce moscata q.b.
Sale q.b.
Olio q.b.
Per il condimento:
Parmigiano grattugiato q.b.
50 g burro fuso

Procedimento:
Preparate la pasta per ravioli impastando farina, uova, acqua e sale, ottenete un panetto compatto e lasciatelo riposare.
Per il ripieno tritate carote, cipolle e sedano, mettete il trito in una padella con un filo d’olio e fate soffriggere per qualche minuto. Aggiungete il coniglio disossato a pezzettini e lasciatelo rosolare, sfumando il tutto con il vino rosso. Coprite con brodo vegetale e lasciate cuocere per circa un’ora. In una casseruola a parte sbollentate le punte di ortica e i germogli di rovo e tritateli finemente. Aggiungete il formaggio grattugiato, la noce moscata, due uova, sale e pepe, amalgamate il tutto e unitelo al coniglio. Distendete la pasta in fogli sottili e tagliatela a quadratini. Farcite con l’aiuto di un cucchiaio e con le dita date la forma dei ravioli. Buttateli delicatamente in acqua bollente e salata per 5 minuti. Conditeli con burro fuso e una spolverata di parmigiano grattugiato.

Ribes Nero

Ribes Nigrum (famiglia Grossulariaceae)

Il ribes nero è una pianta medicinale di valore.
E’ un arbusto cespuglioso con fusti eretti, foglie dentate e bacche nere.
Cresce dove il terreno ha capacità di trattenere l’acqua, in quanto ha l’apparato radicale superficiale e non raggiunge la falda. La siccità è infatti un nemico terribile, le piante resistono ma non fruttificano.
La corteccia è di color rosso, le foglie verde cupo. I fiori sono verde-biancastro e raccolti in racemi pendenti.
I grappoli sono formati da bacche nere, succose e piene di semi.
Il sapore è particolare, dolce e acidulo. Si devono raccogliere ben maturi.
Molto ricercati sono i liquori, il vino e la grappa (cassis).
Fra le sue molte virtù medicinali, il ribes nero è importante per i depositi urinari, i calcoli biliari, le ustioni, le punture di insetti, la gotta, le placche e la pertosse.
Si usano le foglie e le bacche, anche essiccate al forno. Per i molti semi è consigliato setacciare le bacche.

Sinonimi:
Cassier, cassis, groseilles noir, ecc.

Diffusione:
Sulle Alpi fino ai 1900m, nelle boscaglie, nei suoli aridi e sassosi della fascia sub montana. Ama il clima fresco e ombroso.

Periodo di raccolta:
Frutti: luglio/agosto
Foglie: maggio/giugno

Parti utilizzabili:
Foglie e frutti

Proprietà:
Diuretiche, antiemorragiche, depurative, tossiche, emollienti, dissetanti, antidiabetiche, digestive, lassative

Sostanze attive:
Vitamina A, C, B, PP, minerali (magnesio, calcio, potassio..), acido malico, acido citrico, acido tartarico, pectine, antociani, flavonoidi, glucidi, tannini, mucillagini, carotenoidi, rutina

Usi:
Confetture, macedonie, gelatine, liquori, sciroppi, guarnitore di torte, insalate, bevande dissetanti e digestive, frullati

Altri usi:
Tinture per lana, oli essenziali, prodotti farmaceutici

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La mia ricetta:

TORTA CON CONFETTURA DI RIBES NERO

Ingredienti:
Per la confettura:
300 g ribes nero
100 g zucchero
Per l’impasto:
50 ml liquore di cassis
200 g farina
3 uova
90 g burro
150 g zucchero
100 g miele
1 bustina lievito per dolci
Sale q.b.
Scorza di 1 limone
Zucchero a velo q.b.

Procedimento:
Per cominciare preparate la confettura di ribes nero lavando i frutti e privandoli del picciolo. Unite lo zucchero, mettete sul fuoco moderato e fate bollire per 4 minuti. Passate nel passaverdura.
In una ciotola capiente mescolate la farina, le uova, lo zucchero e un pizzico di sale. Aggiungete il burro fuso, il miele, la scorza di limone grattugiata e il lievito e amalgamate fino ad ottenere un composto denso e cremoso. Bagnatelo con la crema cassis e lasciatelo riposare a temperatura ambiente.
Imburrate ed infarinate il fondo di una pirofila da 23cm, versate il composto e fatelo cuocere in forno caldo a 180º per 50 minuti circa. Lasciatela raffreddare, tagliatela a metà e distribuite un generoso strato di confettura di ribes. Richiudete la torta e spolverate con zucchero a velo prima di servire.



Sambuco

Sambucus Nigra (famiglia Adoxaceae)

La cultura del Sambuco risale all’ Età del Bronzo.
Sembra che il nome derivi da uno strumento musicale siriano, l’ arpa o il flauto.
Ogni parte della pianta presenta proprietà medicinali.
Nel Medioevo la Scuola Medica ne consigliava l’uso per avere capelli più lucenti e per schiarire la voce.
Si diceva anche che avesse potere contro le streghe e le serpi se posizionato vicino a casa.
L’albero raggiunge i 9 metri ed è ricco di ramificazioni. La corteccia è grigia scura.
I rami hanno abbondante midollo bianco che i bambini usavano come sigarette o per suonare il flauto.
Le foglie, se stropicciate, emanano un odore sgradevole.
La chioma espansa a ombrello con i fiori di colore avorio/giallo biancastro si fanno seccare all’ombra.
I frutti, bacche piccole rotonde a grappolo pendente, una volta maturi sono neri e dal sapore acidulo.
Si può trovare fino ai 1500 metri di altitudine, lungo i corsi d’acqua e fra siepi e macerie.
La disseminazione è opera degli uccelli.
Il consumo in dosi elevate, tuttavia, provoca intossicazioni con dolori addominali.

Sinonimi:
Grappolo di coralli, sargo, savacu, sambugaro, sammucu, grappolo silvestre moro

Diffusione:
Strade, siepi, corsi d’acqua, macerie

Periodo di raccolta:
Foglie: primavera, a inizio fioritura
Corteccia: gennaio/febbraio (2a corteccia: primavera/estate)
Fiori: giugno
Frutti: da agosto ad ottobre

Parti utilizzabili:
Tutta la pianta

Proprietà:
Antireumatiche, lassative, sudorifere, diuretiche, depurative del fegato, emollienti nelle stipsi, antinfiammatorie, antinevralgiche

Sostanze attive:
Vitamina C, sali minerali, tannini, acido citrico, acido malico, ecc.

Usi:
Confetture, infusi, sciroppi, gelati, sorbetti, vino aromatico, biscotti, gelatine, decotti, succhi, distillati, liquori, ecc.

Altri usi:
Le foglie fresche messe su geloni, gotta, emorroidi e scottature leniscono il dolore. Sono anche utili nei pediluvi.

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La mia ricetta:

FOCACCIA AL SAMBUCO

Ingredienti per 1 focaccia:
1 pasta per focaccia pronta
240 g confettura di sambuco
250 g ricotta di pecora
100 g formaggio di fossa
Scorza di 1/2 limone grattugiata
Sale grosso q.b.
Olio evo q.b.

Procedimento:
Ungete una teglia da forno con l’olio. Stendete metà della pasta per focaccia e distribuite un generoso strato di confettura di sambuco. Unite la ricotta di pecora e uno strato di formaggio di fossa a scaglie. Aggiungete altra confettura di sambuco. Coprite con l’altra metà di focaccia e cuocete in forno caldo a 180° per 20 minuti circa. A cottura ultimata spennellate con olio evo, spargete il sale grosso e spolverizzate con la scorza di limone.

Timo Serpillo

Thymus Serpyllum (famiglia Labiate)

Il genere conta più di 350 specie. Si trova fino a 3000m di altezza.
E’ un arbusto sempreverde, perenne, cespuglioso, dal sapore amaro.
E’ alto dai 20 ai 50cm, gracile, con molte radichette e fusti lungamente striscianti.
Le foglie sono piccole, lanceolate e di color cenerino. Lungo il fusto sono disposte in modo opposto.
I fiori sono riuniti in spighe di colore rosa, lilla o bianco.
Il timo si conserva essiccato, l’aroma si avvicina alla canfora.
Veniva utilizzato già ai tempi antichi per la pertosse dei bambini, le punture di insetti, le infezioni delle vie urinarie, la forfora, il lavaggio dei capelli biondi e per detergere le piaghe.
I fiori sono molto ricercati dalle api e forniscono un ottimo miele.
Lo scrittore italiano Alessio Piemontese nel 1683 scrisse: “Farai cuocere il serpillo nell’aceto e mele, e del decotto farai che l’infermo ne beva un gotto (=bicchierino) ogni giorno.”

Sinonimi:
Erbuccia, pepolino, serpillino, raso terra, corrano, ecc.

Diffusione:
Scarpate, pendii aridi e soleggiati, luoghi pietrosi, pascoli magri, boschi, ecc.

Periodo di raccolta:
Dalla primavera all’autunno

Parti utilizzabili:
Foglie e parte aerea con spiga di fiori terminali

Proprietà:
Balsamiche, antisettiche, digestive, antibiotiche, sedative, espettorante, toniche, vermifughe, antianemiche, antispasmodiche

Sostanze attive:
Vitamine, minerali, timolo, resine, flavonoidi

Usi:
Infusi, tinture, sciroppi, oli essenziali, suffumigi, insaporitori per grigliate, bollito, pesce e formaggi

Altri usi:
Farmaceutico, dermatologico, colliri, dentifrici, incensi, ecc.

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La mia ricetta:

GNOCCHI AL PESTO DI TIMO

Ingredienti per 4 persone:
600 g patate
250 g farina 00
1 uovo

300 g zucca
1 spicchio di aglio
1 rametto di timo
Noce moscata q.b.
Sale e pepe q.b.
200 g pesto di timo

30 g burro
Formaggio grattugiato

Procedimento:
Lessate le patate con la buccia, lasciatele intiepidire e schiacciatele con l’aiuto dello schiacciapatate. Unite l’uovo, la farina, una piccola parte di zucca (precedentemente cotta nel forno con aglio e timo), sale, pepe e noce moscata. Impastate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e morbido. Stendetelo a listarelle su una spianatoia infarinata e tagliatelo a tocchetti, dopodiché aiutatevi con una forchetta per ottenere la classica forma. Versatene pochi per volta in acqua bollente e salata e scolateli delicatamente non appena verranno a galla. Condite con pesto di timo e burro fuso e cospargete di pecorino (o parmigiano) grattugiato.

Ovolo Buono

Amanita Caesarea (famiglia Amanitaceae)

L’amanita caesarea, o ovulo buono, è il fungo commestibile più apprezzato e ricercato nei mercati.
Ha un profumo delicato e un sapore dolce. Gli antichi Romani lo definivano il “Cibo degli Dei”.
Cresce nei boschi di latifoglie fino ai 1000m di altitudine, nei boschi naturali con terreno siliceo e sotto castagne e querce. Predilige il clima secco e ventoso delle radure soleggiate.
Il suo cappello semisferico è voluminoso e ha un colore rosso/arancione acceso. Il gambo è carnoso e ingrossato alla base. E’ di colore giallo dorato come le spore e le lamelle. La volva è ampia, alta, bianca e libera al gambo. La carne è bianca, tenera e fragile.
L’ovolo buono è, tra le verdure, quella più ricca di proteine.

IMPORTANTE: non bisogna raccoglierlo durante la prima fase di sviluppo, in quanto l’ovolo bianco assomiglia moltissimo all’ovolo malefico dell’amanita falloide che è MORTALE!

Sinonomi:
Fungo reale, cocco, bolè, borei giaun, capèla rossa, bolèr ross, cucon, fong ross, ecc.

Diffusione:
Nelle radure secche dei boschi di castagni e querce.

Periodo di raccolta:
Estate/autunno.

Parti utilizzabili:
Fungo intero.

Proprietà:
Nutritive, remineralizzanti, stimolanti per le funzioni cerebrali, antianemiche, ecc.

Sostanze attive:
Vitamina B, C, P, protidi, glucidi, minerali (tra cui magnesio, ferro, calcio).

Usi:
Principalmente in cucina.

Altri usi:
E’ un buon incentivo per le gire in montagna.

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La mia ricetta:

INSALATA DI OVOLO BUONO

Ingredienti per 4 persone:
6 ovuli buoni freschi
2 limoni (succo)
5 cucchiai olio evo
1 pizzico sale
1 pizzico pepe nero
1 ciuffo timo

Procedimento:
Lavate bene i funghi e tagliateli a fette molto sottili. Lasciateli riposare un’ora nel succo di limone, poi conditeli con olio, sale e pepe. Girate delicatamente l’insalata per amalgamare i sapori. Sistematela in un vassoio da portata e decorate con timo selvatico.

Castagne Bianche

Castanea Sativa (famiglia Fagaceae)

L. G.

Le castagne erano già presenti nell’ Antica Roma, dove venivano utilizzate per realizzare i materassi con le foglie essiccate. Le arrostivano sul fuoco del falò oppure sotto la cenere.
Inoltre, la prima bicicletta conosciuta fu costruita in legno di castagno.
La castagna è anche conosciuta come “l’albero del pane” e deve questo nome ad un’antica leggenda.
Durante le feste paesane si svolgeva un gioco della tradizione popolare, il cosiddetto Albero della Cuccagna, che consisteva nel collocare al centro delle piazze una pianta di castagno molto alta con un grosso premio posto sulla cima. Il vincitore era colui che riusciva a raggiungerlo per primo.
Le antiche varietà di castagne di piccole dimensioni vengono spesso seccate e congelate. Ancora oggi esistono gli essiccatoi ricavati ai piani superiori delle case dotate di soffitto graticciato, dove vengono posate le castagne fresche che man mano si seccano con i fumi del fuoco domestico. Impiegano alcuni giorni e devono essere spesso girate in modo da garantire un’essiccazione uniforme. Per raggiungere il soffitto si utilizza generalmente una scala a pioli realizzata proprio in legno di castagno.
E’ un legno durevole e resistente all’acqua perché ricco di tannini. Viene utilizzato per costruire tavoli, travi, pavimenti, doghe per i letti, tetti, solai, pergolati, balconi, tettoie, recinzioni, scale e molto altro.
In tempo di guerra e di carestia le castagne hanno salvato intere popolazioni a rischio di morte per fame. Per conservarle a lungo si usava il metodo della novena, che consisteva nel versare le castagne in una bacinella d’acqua per una settimana, cambiando l’acqua ogni due giorni. Oppure venivano posate a terra sotto cumuli di ricci e foglie ai piedi degli alberi.

Sinonimi:
Ballotta, bruciata, caldallessa, caldarrosta, marrone, pugno.

Diffusione:
Zone collinari, submontane, boschi e brughiere.

Periodo di raccolta:
Settembre/ottobre/novembre.

Parti utilizzabili:
Sia foglie che frutti.

Proprietà:
Nutritive, energetiche, toniche, sedative, rimineralizzanti, antianemiche, antisettiche, espettoranti, astringenti.

Sostanze attive:
Tannini, flavonoidi, resine, proteine, glucidi, sali minerali, vitamine B, C, E, amido, pectina, grassi.

Usi:
Farine, pane, castagnaccio, dolci vari, infusi, decotti, tinture, prodotti antiforfora e shampoo anticrespo.

Altri usi:
Combustibile, farmaceutico, edilizia, arredamenti, conceria.

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La mia ricetta:

CIAMBELLA DI CASTAGNE BIANCHE

Ingredienti:
12 g lievito di birra
80 g miele
320 g farina 00
2 uova
100 g burro
100 g zucchero di canna
1 bustina di vanillina
1 scorza di limone
1 pizzico di sale
80 g amaretti
200 g castagne sbollentate

Procedimento:
Mescolate a lungo il lievito di birra e il miele in un bicchiere di acqua tiepida. Setacciate la farina in una ciotola capiente, poi unite il burro ammorbidito, le uova, lo zucchero di canna, la vanillina, la scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale. Amalgamate il composto con una spatola, aggiungete il lievito con il miele e lavorate fino ad ottenere un composto omogeneo e fluido. Disponete delle castagne bianche in superficie e cospargete di amaretti sbriciolati e quadratini di burro. Versate l’impasto ottenuto in uno stampo imburrato e infarinato e cuocete in forno caldo a 200°C per 40/45 minuti. Lasciate raffreddare, spolverate con dello zucchero a velo e servite.

Fungo Porcino

Boletus Edulis (famiglia Boletaceae)

Lucia Giordano

Il porcino è il più conosciuto tra le varietà di Boleti. Era conosciuto e consumato già dai Romani.
E’ molto ricercato e apprezzato per il suo aroma.
Tra le verdure è il più ricco di sostanze azotate e di sali minerali, soprattutto se essiccato. Per essiccarlo facilmente al sole è consigliato tagliarlo a fettine sottili.
Si presta bene alla conservazione sotto olio o sotto aceto.
E’ eccellente sia fritto che in umido, ma anche crudo nelle insalate. Il suo sapore è dolce e aromatico, semplicemente squisito.
Una caratteristica che lo contraddistingue dal fungo velenoso è che al tocco non cambia colore.
Può raggiungere i 30cm di diametro.
Il cappello è di colore marrone vellutato, convesso, regolare, viscido con la pioggia. La cuticola è liscia o rugosa.
Il gambo è di colore biancastro o nocciola chiaro, con reticolo fine, robusto, di forma cilindrica ma più attenuato all’apice.
I tubuli sono facilmente separabili dal cappello, bianchi, poi giallastri e infine verdastri.

Sinonimi:
Porcini, bolé, funs capelet, boleo, brisa, ceppatello, moreccio, bronzino, ecc.

Diffusione:
Nelle brughiere e boschi di latifoglie (castagni, faggete, ecc.)

Periodo di raccolta:
Nei mesi caldi privi di siccità, fino ai primi freddi

Parti utilizzabili:
Gambo e cappello

Proprietà:
Antimicrobica, antinfiammatoria, remineralizzante, stimolanti per le funzioni cerebrali

Sostanze attive:
Rame, potassio, fosforo, zinco, lecitina, ecc.

Usi:
Alimentare

Altri usi:
Confezioni regalo

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La mia ricetta:

SFORMATO DI FUNGHI

Ingredienti per 4 persone:
800 g funghi porcini
40 g burro
180 g sugo di carne
Sale e pepe q.b.
4 uova
30 g parmigiano grattugiato
250 g besciamella

Procedimento:
Pulite i funghi con cura e tagliateli a fette. Mettete in una padella il burro e lasciatelo sciogliere. Unite i funghi, aggiustate di sale e pepate. Lasciateli soffriggere per qualche minuto, aggiungete il sugo di carne e portate a cottura. Una volta pronto mantecate il composto con besciamella, uova e parmigiano grattugiato. Versatelo in una pirofila e cuocetelo in forno preriscaldato a 200°C per 25 minuti circa. Sfornate lo sformato di funghi e servitelo caldo.

Gelso Bianco

Morus Alba L. (famiglia Moraceae)

Il gelso bianco è simile al gelso nero, ma ha rami più lisci e glabri come le foglie nel loro interno.
Le more sono più piccole, e anche a maturazione restano di colore bianco o rosa. Il nome scientifico “morus alba”, ovvero moro bianco, si riferisce infatti al colore dei suoi frutti.
Viene coltivato da ben 4500 anni ed è originario dell’Asia. La sua presenza fu scoperta da Marco Polo nel 1271 in Cina, mentre in Europa venne introdotto nel quindicesimo secolo.
Il gelso bianco necessita di un terreno fresco, profondo ed esposto al sole. Si utilizzano sia i frutti che le foglie, anche essiccati. Il sapore è acidulo ma molto gradevole.
Ha molte proprietà, la più nota è quella ipoglicemica.
Fu importato in Italia dai Saraceni e ancora oggi è coltivato come unico alimento per i bachi da seta, importantissimi per la produzione della seta. In virtù della sua dieta e delle sue origini, il baco da seta è infatti conosciuto anche come “Bombice del Gelso”, la cui larva è una specie di falena asiatica. Il bruco ha vita breve suddivisa in 4 mute, prima di formare il bozzolo costituito da un filo continuo di seta. Il termine del filo si trasforma successivamente in farfalla.

Sinonimi:
Moret, moran, moru, moraro bianco, alba.

Diffusione:
Area mediterranea, fino ai 700m.

Periodo di raccolta:
Le foglie a maggio, i frutti a giugno/luglio/agosto, la corteccia e la radice in autunno.

Parti utilizzabili:
Foglie, frutti, corteccia e radice.

Proprietà:
Ipoglicemiche, toniche, antireumatiche, diuretiche, antibatteriche, astringenti, lassative, antiscorbutiche, vermifughe, ipotensive, espettoranti.

Sostanze attive:
Asparagina, adenina, glucosio, pectina, albuminoidi.

Usi:
Confetture, vini, macedonie, gelatine, sciroppi, granite, succhi, estratti.

Altri usi:
Maschere per pelli secche, lozioni idratanti, collutori, alimento per i bachi da seta.

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La mia ricetta:

RISO DOLCE

Ingredienti per 4 persone:
300 g riso
30 g burro
Vino bianco q.b.
100 g ricotta
1 cucchiaio di miele
1 bustina di vanillina
80 g confettura di more bianche
Sale q.b.
Succo di 1/2 limone
Zucchero q.b.

Procedimento:
Sciogliete il burro in una casseruola, unite il riso e fatelo tostare per un paio di minuti. Sfumate con il vino bianco e lasciate cuocere lentamente, unendo acqua salata poco alla volta e mescolando di tanto in tanto. Una volta al dente spegnete il fuoco e lasciate intiepidire. Trasferite il riso in un tegame e mantecate con confettura di more di gelso bianche, ricotta, miele, vanillina e succo di limone. Cospargete con un velo di zucchero e lasciate cuocere in forno caldo a 180°C per pochi minuti.

Spinacio Selvatico di Montagna

Farinello Comune (famiglia Chenopodiaceae)

Lo spinacio selvatico è una pianta spontanea perenne ed edule, un vero e proprio dono della natura. E’ molto ricercato in montagna ed apprezzato per il suo valore nutritivo.
Quando si sente il bisogno di respirare aria pulita ci si avventura nelle malghe tra i i 500 e i 2000m per raccogliere gli abbondanti spinaci, ricchi di proprietà salutari. Si possono anche trovare lungo i margini delle strade dove pascolano i greggi di pecore, ma è sconsigliato raccoglierli in caso di intenso traffico di veicoli e smog.
Erano già conosciuti e consumati dagli antichi Romani, esistono infatti molte leggende a riguardo.
Vengono raccolti solitamente all’inizio della primavera, tagliando il gambo alle piantine più giovani e tenere.
La pianta è provvista di una grossa radice e alcune radici secondarie e ha un’altezza che varia dai 5 ai 50cm. Le sue foglie, lievemente pelose, sono molto gradevoli se passate in padella, utilizzate per gli gnocchi verdi o per il ripieno dei ravioli.

Sinonimi:
Farinello, volatre, orla, olaci, colubrina, vallari, songia, zampa d’oca, ecc.

Diffusione:
Vicino agli stazzi delle pecore, ai margini delle strade campestri, in montagna tra i 500 e i 2000m, lungo i recinti erbosi.

Periodo di raccolta:
Fine inverno/primavera.

Sostanze attive:
Iodio, zinco, potassio, sodio, calcio, fosforo, rame, ecc.

Parti utilizzabili:
La pianta verde.

Usi:
In cucina per le zuppe, le frittate, i risotti, le frittelle, ecc.

Altri usi:
Erboristico.

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La mia ricetta:

TORTINO DI ERBE SELVATICHE (Tradizione locale)

Ingredienti per 4 persone:
400 g erbette (spinacio selvatico, valerianella o songino, tarassaco, silene, timo, erba cipollina)
50 g burro di malga
2 uova
150 g ricotta di malga
50 g formaggio Castelmagno
Pane di segale grattugiato q.b.
1 rotolo pasta sfoglia
Sale q.b.

Procedimento:
Lavate con cura le erbette, tritatele finemente e passatele in padella con il burro. Lasciatele cuocere pochi minuti coprendole con un coperchio. Nel frattempo sbattete le uova in una terrina, aggiungete la ricotta e mescolate fino ad ottenere un composto morbido. Unite le erbette e aggiustate di sale. Srotolate la pasta sfoglia in una tortiera e bucatela con i rebbi di un forchetta. Versate all’interno il composto ottenuto e distribuite dei dadini di formaggio Castelmagno in superficie. Ripiegate il bordo della pasta sfoglia e spolverate con del pane di segale grattugiato. Cuocetela in forno preriscaldato a 200°C per circa mezz’ora, fino a completa doratura. Lasciatela raffreddare 10-15 minuti prima di servirla.