Verbi transitivi e intransitivi

verbi transitivi e intransitivi

[…]
Io non so, io mi domando che cosa volete far voi nella vita! Voi ignorate chi furono gli Atridi. Voi confondete il nominativo con l’accusativo.
– Ah Ravelli! E nelle altre materie siete un ignorante come nella mia. Ma come si fa a vivere, come si fa ad essere giunti sino alla vostra età, grande e grosso come un tulipano, e non essere capace di contraddistinguere un verbo transitivo da un verbo intransitivo? –
<<Niente! Che cosa sono capace io di fare? Niente!>>.
Capite anche la sfrontatezza? Ma è prudente non rilevare codesta cosa.
Ora avvenne che un po’ per volta Ravelli non rispose più alla chiama.
Venne un po’ ad intervalli. Poi scomparve del tutto.
– Che ne è di quello sciagurato? – domanda il professore. – Ne sapete voi, ragazzi, qualche cosa? – Dicono che gli è morto il babbo […]
Se non che quando venne l’autunno, il buon professore si trovò nella necessità di andare al gran mercato dell’uva: faccenda del tutto nuova per lui. Ma è che la signora del professore soffriva di bruciori di stomaco. Tutta colpa di quei vinacci affatturati, che si comprano dai vinai. E senza un goccio di vino non pare nemmeno di mangiare!
– Ah, poter avere, – sospirava la signora, – quei vinelli leggeri, quei mezzi vini che usano dalle nostre parti, con quel frizzantino e quel saporino d’uva! –
Ora avvenne che una mattina – in sui primi di ottobre – egli disse:
– Moglie mia, mi è venuta un’idea che ti parrà forse strana, ma è luminosa; facciamo noi un po’ di vino in casa.
Ma quando si trattò di metterla in pratica, molte difficoltà si presentarono.
Il vino si fa con l’uva e su questo il professore non aveva dubbi.
Ma e l’uva? Dove si compra all’ingrosso? Chi è il più onesto mercante? e quanto costa? e il peso? e la tara? e il trasporto?
I fruttaioli a cui ne richiese, lo guardavano di mal occhio, e, o non davano risposta o davano vaghe ambigue risposte.
Andò anche da un vinaio suo conoscente. Oh, che gli saltava in mente di fare il vino in casa? Un impazzimento. E i vinai che ci stanno a fare?
Insomma il vinaio lo accolse come lui avrebbe accolto il vinaio se questi fosse venuto da lui a dirgli: << Io voglio fare scuola e spiegare chi sono gli Atridi e chi sono i verbi transitivi>>.
<<Oh, reo mondo, chiuso e crudele!>>
– Fate presto, – gli disse uno dei fruttaioli, meno brigante, al quale aveva confidato i suoi propositi igienici ed enologici, – le uve aumentano.
E il professore andò al mercato, dunque. Ed era una bella mattina di ottobre.
Non c’era mai stato al mercato.
Tutte facce convulse, congestionate, tutta gente che si intendeva ad urli, a mimica, ad improperi. Ed era tardi: le otto. Alle dieci – gli avevan detto – il mercato è finito.
Potè accostarsi ad una faccia un po’ civile – che gli fu indicata come mercante di uve, ma fu dialogo breve:
– Quanti vagoni?…
– A me veramente basterebbe una piccola partita…
– Non lavoro in piccole partite.
Trovò un altro che lavorava in piccole partite. Si degnò di ascoltarlo; ma quando si venne alla merce, non permise nessun esame della merce. Garantiva lui e basta.
[…]- Professore, che fate qui?
Il professore, quando si udì chiamare così fra quella folla nemica e sconosciuta, trasalì.
Un giovanetto con una bella faccia rosea, allegra, capellatura bionda, sigaretta in bocca, vestito a lutto, era davanti a lui.
– Voi è? voi è…?
– Ravelli.
– Ah, bravo Ravelli, Ora mi ricordo. Che fate qui?
– Il mio mestiere, – rispose Ravelli, che era quel desso, – e voi?
– Così passeggio un poco, mi diverto.
– Bel mercato, eh? – esclamò Ravelli.
– Oh, bello. E voi quale mestiere fate, giovanotto mio.
Ravelli spiegò. Suo padre era mercante in agrumi e in salse di pomodoro.
Era morto da un anno e lui continuava l’azienda. […]
– E dell’uva non ve ne intendete? –
Ma si intendeva anche dell’uva.
E allora il professore spiegò:
– Ecco, vedete, mio caro, mia moglie soffre di pirosi, ecc., io vorrei, ecc.
Quell’asino di Ravelli capì al volo, senza che lui nemmeno terminasse.
– Volete fare il vino in casa.
– Si, così, un pochino per prova, per isvago.
– Venite con me, – disse Ravelli.
In mezz’ora cinque quintali d’uva della più bella, della più matura, e bianca e nera, disposta in bei cestelli, erano già controllati, pesati, messi in un carro: coperti di tela cerata fissata con una buona corda: se no ghe la porten via, professor! Una frustata al cavallo, quattro frasi secche al conduttore, indirizzo, presto e via.
Non rimaneva che pagare, Oh, come volentieri pagò! Un convenientissimo prezzo.
Ah, miracoloso Ravelli…
Pare impossibile! Così cretino, e tanto ingegno!
– Professore – disse Ravelli, sottraendosi ai ringraziamenti, con cara cortesia, – mi cavi una curiosità.
– Ma subito.
– I verbi transitivi sono quelli che passano o che non passano?

[…] di Panzini da “Tutte le novelle”, Mondadori Milano

Tratto da “DIORAMA” antologia per il biennio delle scuole medie superiori.
Autore Alfredo Panzini

 

67 pensieri riguardo “Verbi transitivi e intransitivi

  1. Intanto scusa per l’assenza prolungata e poi devo dirti che so questo brano quasi a memoria, mi è sempre piaciuto da quando ero un’inesperta insegnante e ho continuato a proporlo ai miei alunni, via via che la scolaresca cambiava.
    Nel brano c’è un grande insegnamento, nascosto sotto un’ironia serena e coinvolgente.
    Trovo che sia ancora attuale , nonostante sia trascorso parecchio tempo.
    Un caro saluto e buon fine settimana.

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  2. Bonjour Mon AMIE , Ami
    Comment trouver le bonheur

    Surtout
    Ne le cherche pas le bonheur dans tes souvenirs
    Cela te ferait beaucoup plus de mal
    Tu retrouverais les bons ainsi que les mauvais
    Si tu veux trouver le bonheur
    Cherche le dans le présent
    C’est seulement là qu’ il t’attend et là tu éviteras ceux qui peuvent te faire du mal
    Alors vit ton bonheur dans ce présent
    Belle semaine à toi , tes proches tes amies
    Pour toi une partie de mon bonheur
    Bisous Bernard

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  3. Ciao, lo sto preparando, spero di essere pronta con l’immagine di photoshop per domani. Ci metto del tempo perché vorrei che l’immagine raccontasse lo scritto e per me non è facile. Saluti cari

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  4. BONJOUR AMIE,AMI

    Chaque jour quelque soit l’heure
    J’allume mon ordinateur
    Ce n’est qu’une petite boîte rectangulaire
    Parfois elle me fais râlé
    Parce qu’elle me fait attendre
    Pourtant elle a le cœur tendre
    Elle t’envoie mes courriers
    Sans jamais se fatiguer
    Elle affiche mes mots
    Sans jamais me dire si c’est trop
    Elle transporte mes images
    Qu’elle affiche sur tes pages

    Maintenant encore
    Elle t’envoie un bisou de ma part
    Te souhaite une très très belle journée
    Profite bien
    Bernard

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  5. Lessi “Le ostriche di San Damiano” e “Verbi transitivi e verbi intransitivi” da studente in anni molto molto lontani. Ne rimasi affascinato. Sento il bisogno, ogni tanto, di rileggerli. E ogni volta mi stupisco per la freschezza del racconto e per la grandezza della morale contenuta.

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