La mia casa di allora

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[…]

Che casa piccina, ma che casa amorosa!
E dentro codesta casupolina una famiglia numerosa e felice.
Per stare in quella casa, bisognava volersi bene.

Di quegli anditini stretti ne approfittavo per abbracciare la mamma.
Anche il babbo che no era smanceroso si lasciava coccolare dalle mie sorelle.
Quando anche ora tra fratelli si ricorda quella casa, ci torna la dolcezza di quello stare uniti in una casa tanto meschina.

Ma più che altro le mie sorelle ridono: – Ti ricordi dei nostri ricevimenti? Ma come ci si poteva stare? Ti ricordi il vento in camera tua? e ti ricordi di quando pioveva e si dovevano mettere le catinelle sul letto? –

Ma se per le mie sorelle e per mio fratello sono questi ricordi che fanno cara quella casa, per me c’è qualcosa di più.
Da quella casa io partii per la guerra; in quella casa la mamma mi rifece piangendo e ripiangendo la cassetta e il babbo tornò sera per sera rabbrividendo per le scale delle notizie che avrebbe trovato.

In quelle stanzucce passai gli ultimi istanti, ora qui, ora là, ad aspettare lo scocco dell’ora, e poi gli addii pel budello delle scale, e poi la porta che sbatteva sgangheratamente senza chiudersi, e la mamma con la testa contro gli stipiti lassù sotto il tetto, e le sorelle dietro di lei.
Quando tornavo, dopo Pistoia, il cuore mi saliva in gola. Era quasi sempre di mattina, dopo aver viaggiato tutta la notte.
La campagna gelida di Toscana, coi muri secchi, con le strade bianche; poi finalmente Firenze e piazza San Marco.
La piazza era deserta, la chiesa aveva aperto da poco, le panchine del giardinetto erano fresche.

Mi sarei avventato al campanello, avrei urlato, ma mi condannavo invece a questo tormento di gioia: mi mettevo a una panchina di fronte alla casa e aspettavo.
Si apriva qualche finestra ma non di casa mia, e io fermo per due secoli, con le vene turgide, col cuore che riempiva di tonfi tutta la piazza.
Poi finalmente: – ”Sono io!” – Sfondavo la porta di strada, mi avvinghiavo alle scale: che tramenio.
Mi pareva di aver tutta la casa fra le braccia.
[…] Piero Bargellini

Tratto da ”IMMAGINI”, antologia per la scuola media – ‘ed. Grazzini

* foto dal web  ”Idea luce di Filippi”’

33 pensieri riguardo “La mia casa di allora

  1. e non voglio nemmeno dimenticarlo come sindaco di Firenze nell’anno della terribile alluvione

    «Fiorentini! In questo momento mi giunge la triste notizia che l’acqua dell’Arno è arrivata in Piazza del Duomo. In alcuni quartieri l’alluvione giunge al primo piano. Ed è lì che deve giungere anche l’aiuto più urgente della città. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione, mentre prego i possessori di battelli di gomma e di mezzi anfibi, anche in plastica, di farli affluire in Palazzo Vecchio, per gli immediati soccorsi sanitari, alimentari e di salvataggio. Importante è che vengano segnalati all’ufficio di Palazzo Vecchio i casi veramente urgenti e drammatici!»

    (Piero Bargellini, parlando alla radio durante l’alluvione.)

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  2. Dico davvero.
    Sono le emozioni che non sanno dove andare…
    Scrivi davvero bene.
    Poi ultimamente sto leggendo molto di piu’ i racconti che non le poesie ecc…
    Buon pomeriggio

    Piace a 2 people

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