La furia pazza di Valino

la furia pazza di valino CORRETTO 2

[…]
L’incendio era ormai finito, Tutti i vicini erano corsi a dar mano; c’era stato un momento, dicevano, che la fiamma rischiarava anche la riva e se ne vedevano i riflessi nell’acqua del Belbo.
Niente s’era salvato, nemmeno il letame là dietro.
Facemmo bere un po’ di vino a Cinto. Lui chiedeva dov’era il cane, se era bruciato anche lui.
Tutti dicevano la loro; sedemmo Cinto nel prato e raccontò a bocconi la storia.
Lui non sapeva, era sceso a Belbo. Poi aveva sentito che il cane abbaiava, che suo padre attaccava il manzo.
Era venuta la madama della Villa con suo figlio, a dividere i fagioli e le patate. La madama aveva detto che due solchi di patate eran già stati cavati, che bisognava risarcirla, e la Rosina aveva gridato, il Valino bestemmiava, la madama era entrata in casa per far parlare anche la nonna, mentre il figlio sorvegliava i cesti. Poi avevano pesato le patate e i fagioli, s’eran messi d’accordo guardandosi di brutto. Avevano caricato sul carretto e il Valino era andato in paese.
Ma poi la sera quando era tornato era nero. S’era messo a gridare con Rosina, con la nonna, perché non avevano raccolto prima i fagioli verdi. Diceva che adesso la madama mangiava i fagioli che sarebbero toccati a loro.
La vecchia piangeva sul saccone.
Lui Cinto stava sulla porta, pronto a scappare. Allora il Valino s’era tolta la cinghia e aveva cominciato a frustare Rosina.
Rosina era caduta per terra, e Valino le aveva ancor dato dei calci nella faccia e nello stomaco.
Rosina era morta, disse Cinto, era morta e perdeva sangue dalla bocca.
“Tirati su” diceva il padre, “matta.” Ma Rosina era morta, e anche la vecchia adesso stava zitta.
Allora il Valino aveva cercato lui – e lui via. Dalla vigna non si sentiva più nessuno, se non il cane che tirava il filo e correva su e giù. […]
Poi aveva sentito che il padre dava calci dappertutto, che bestemmiava e ce l’aveva col prete.
Poi aveva visto la fiamma.
Il padre era uscito fuori con la lampada in mano, senza vetro. Era corso tutt’intorno alla casa.
Aveva dato fuoco anche al fienile, alla paglia, aveva sbattuto la lampada contro la finestra.
La stanza dove si erano picchiati era già piena di fuoco.
Le donne non uscivano, gli pareva di sentir piangere e chiamare.
Adesso tutto il casotto bruciava  e Cinto non poteva scendere nel prato perché il padre l’avrebbe visto come di giorno.
Il cane diventava matto, abbaiava e strappava il filo. I conigli scappavano. Il manzo bruciava anche lui nella stalla.
Cinto era scappato nella riva . Lì, c’era stato, nascosto, e vedeva in alto contro le foglie il riflesso del fuoco.
Anche di lì si sentiva il rumore della fiamma come un forno.
Il cane ululava sempre.
Anche nella riva era chiaro come di giorno. […]
Allora piano piano era salito verso il noce, stringendo il coltello aperto, attento ai rumori e ai riflessi del fuoco.
E sotto la volta del noce aveva visto nel riverbero pendere i piedi di suo padre, e la scaletta per terra. […]
Noi portammo Cinto al Marone, era quasi mattino; gli altri dovevano cercare nella cenere quel che restava delle donne.
Nel cortile del Marone nessuno dormiva. Tutti dicevano le medesime cose.
Restai con Nuto a passeggiare nel cortile, sotto le ultime stelle, e vedevamo lassù nell’aria fredda, quasi viola, i boschi d’albere nella piana, il luccichio dell’acqua.
Me l’ero dimenticato che l’alba è così.
Il giorno dopo ci fu da farsi brutto sangue.
Sentii dire in paese che la madama era furente per la sua proprietà. […]
Il prete, siccome il Valino era morto in peccato mortale, non volle saperne di benedirlo in chiesa.
Lasciarono la sua cassa fuori sui gradini, mentre il prete dentro borbottava su quelle quattro ossa nere delle donne, chiuse in un sacco.
Tutto si fece verso sera, di nascosto. Le vecchie del Morone, col velo in testa, andarono coi morti al camposanto raccogliendo per strada margherite e trifoglio.

[…] di Cesare Pavese  da “La luna e i falò”, Einaudi Torino

Tratto da “DIORAMA” antologia per il biennio delle scuole medie superiori

Foto modificate dal web

 

39 pensieri riguardo “La furia pazza di Valino

  1. Un sentire lieve, poi le voci, urla concitate, l’ira, fare qualcosa, le fiamme, pauroso groviglio i pensieri che partono come lente frecce e bruciano non solo le mani i visi i capelli, le spoglie mortali. E nel buio il silenzio la morte dentro.

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  2. Bonjour ou bonsoir mon Ami, Amie

    Je regarde souvent
    En ouvrant une fenêtre, que ce soit au lever ou au coucher du soleil
    Si le matin afin si une belle journée s’annonce
    Et Le soir en admirant le ciel étoilé
    Mais tiens ce matin
    J’ai une petite pensée pour vous tous

    Ceux qui peuvent lire mon petit message
    Je leur dédies une belle semaine ensoleillé
    Pour le soir une belle nuit de sommeil
    Prenez bien soin de vous

    Bisous. Bernard

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