La leggenda dello sfortunato

zappare

[…]

C’era miseria nei campi in quella pianura fredda del nord.
Giacomo con le sue gambe sformate e le braccia magre, correva e lavorava senza posa.
L’inverno riduce la terra a una morte silenziosa.
L’estate brucia il foraggio.
Le piogge d’autunno fanno imputridire le sementi.
Malgrado ciò continuava a lavorare come un ragno diligente nella primavera ingannatrice, nelle scarse messi di luglio, fino alla comparsa dei corvi sulla neve.
Quell’anno, nel cuore dell’estate, che era molto calda, il raccolto sembrava addormentato e rassegnato a donarsi all’uomo, ma una nube color cuoio, quando fu sopra il campo di Giacomo, incominciò a brontolare nel cielo, con l’accompagnamento di un vento formidabile: come chicchi gelati, ne sprizzò la grandine a sciami saltellanti, e sminuzzò la segale, frustò la terra, annientò la vita.
Dopo l’uragano, quando il cielo si rifece luminoso, la pianura era un campo di battaglia devastato.
Giacomo entrò in casa, “donna mia” disse, “tu d’ora in poi mescolerai crusca alla farina. Io scaverò più solchi l’anno prossimo”.
La moglie rispose: “tu non sei che un povero imbecille” tuttavia obbedì.
Mescolò crusca alla farina e l’anno passò.
La primavera fu clemente e il gelo non bruciò i cereali, la grandine risparmiò il raccolto e la moglie dell’uomo sfortunato aveva ripreso la sua serenità, ma improvvisamente le acque del fiume invasero le terre, trascinando alla deriva i covoni delle messi.
“Ecco la fine” esclamò la moglie, “siamo dannati!”
“Bisogna sottomettersi o donna! Metti doppia quantità di crusca nella farina e io lavorerò il doppio, giorno e notte”.
Giacomo senza concedersi riposo, durante tutta la stagione favorevole, preparò la sua terra per le sementi. Vendette l’ultima pecora per avere del grano: davanti alla stalla vuota la moglie pianse a lungo.
La primavera passò senza gelate, venne l’estate e la grandine non cadde, le acque del fiume non danneggiarono i raccolti e l’uomo sfortunato poté finalmente raccogliere nel granaio il suo prezioso grano, raccomandando alla moglie di stare attenta al fuoco per evitare un incendio.
“Giacomo, io ora incomincio a impastare pane bianco, senza mescolarvi crusca. Da oggi la nostra sarà l’esistenza di persone felici”. Ma Giacomo la interruppe: “donna mia, bisogna pensare a quelli che vivono tra gli affanni. Mescola ancora un po’ di crusca alla farina: la mucca del vicino è morta questa notte”.
La donna sospirò ma cucinò come al solito pane nero e ne serbò una parte per il vicino.
Ma il mattino successivo, quando prese e tagliò uno dei grossi pani, oh miracolo, il pane era così bianco, che una colomba lo scambiò per uno dei suoi piccoli smarritisi, e cominciò a volteggiare intorno al tavolo!
Allora quei poveri si convinsero di non essere abbandonati: dall’alto il cielo li contemplava sorridendo.

[…] Gabriel Mauriere

Tratto da “IMAGINI” antologia per la scuola media – ed. Grazzini

* foto scaricata dal web di techeconomy.it

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